Era il lontano 1998 quando, con il decreto del 27 marzo, il Ministero dell’Ambiente italiano tracciava la rotta verso una mobilità più sostenibile nei centri urbani. Un atto lungimirante, nato dall’impegno assunto con la firma del Protocollo di Kyoto nel dicembre 1997. Un impegno che impegnava l’Unione Europea a ridurre le emissioni di gas serra dell’8% entro il 2010 rispetto ai livelli del 1990 (un obiettivo che, purtroppo, non è stato raggiunto).
Il decreto, all’articolo 5, stabiliva che le pubbliche amministrazioni, enti e gestori di servizi pubblici dovessero rinnovare il proprio parco autoveicolare dando priorità a:
- Veicoli elettrici
- Veicoli ibridi
- Veicoli a gas naturale o GPL
- Veicoli con carburanti alternativi a basse emissioni
- Veicoli dotati di dispositivi per l’abbattimento delle emissioni inquinanti
Le percentuali di sostituzione, con scadenze precise, erano ambiziose:
- 5% entro il 31 dicembre 1998
- 10% entro il 31 dicembre 1999
- 20% entro il 31 dicembre 2000
- 30% entro il 31 dicembre 2001
- 40% entro il 31 dicembre 2002
- 50% entro il 31 dicembre 2003
Obiettivi che, purtroppo, non sono stati pienamente raggiunti. A distanza di 26 anni, la mobilità sostenibile nei centri urbani rimane un’impresa ardua, con le emissioni nocive ancora ben lontane dai livelli desiderati.
Chiaramente la mia riflessione personale , si esprime con un sorriso amaro.
Da un lato, la lungimiranza di un provvedimento che anticipava di gran lunga i tempi. Dall’altro, la consapevolezza di quanto la strada verso una mobilità più sostenibile sia ancora lunga e in salita. Un monito a non mollare, a continuare a lavorare per un futuro più verde e vivibile per le nostre città.
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